SIMONNE  EVRARD     traduzione italiana
 

La lettura di questo testo deve essere completata dal documento dedicato alla sorella di Marat, Charlotte-Albertine e dai documenti che riguardano la vita e il ruolo della sorella e della vedova di Marat

(Traduzione italiana di Stefania Di Pasquale)

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Questo testo, dedicato alla moglie di Marat, è redatto sulla base dei documenti che François Chèvremont aveva rinvenuto nell’ambito delle indagini svolte nei luoghi della sua giovinezza, e si basa anche sulla Guida alla lettura delle Opere politiche di Marat (ed. De Cock – Goëtz-Nothomb, 1989-1995). Se si prende in considerazione la prudenza di Chèvremont che si oppone immediatamente ai racconti che hanno trascinato Simonne “nella finta leggenda”, seconda la quale, la donna non poteva essere altro che la sua "concubina", la sua "prostituta", la sua "donna di casa" la sua "serva", la sua “cuoca" o la sua "schiava".

Un ritratto di Simonne Evrard ?

Alcune indicazioni sono contenute in documenti ufficiali: “altezza: 1m, 62, capelli e sopracciglia marroni, fronte normale, naso acquilino, occhi marroni, bocca grande, viso ovale”. Ma troviamo anche “occhi grigi, bocca media” e, in un linguaggio più famigliare, disponiamo della testimonianza di una signora anziana, che risiedeva in 33 rue de la Barillerie a Parigi, dove Simonne e Albertine Marat abitarono per molto tempo. Questa signora si ricordò che Albertine possedeva un ritratto di Madame Marat ed era molto grazioso. M.Goupil-Louvigny, amico di Albertine, fornira la seguente precisazione:

«Ho avuto ragione di credere che la vedova Marat non fosse una donna ordinaria, poiché sua cognata me ne parlò con entusiasmo. Albertine conservava religiosamente tutto ciò che le era appartenuto. Sono stato personalmente incaricato negli ultimi anni della sua vita, quando la necessità l’obbligò a vendere diversi oggetti e abiti che appartenevano a lei, i quali erano di una certa eleganza e di una grande distinzione.»

Le origini della famiglia Evrard

Il paese di Simonne è Tournus in Saône-et-Loire, dove fu battezzata il 6 febbraio 1764, nel quartiere della Pêcherie.

Battesimo

Simonne, figlia legittima di Nicolas Evrard, carpentiere di barche, e di Catherine Large, suoi padre e madre, fu battezzata il sei febbraio millesettecento sessantaquattro dal vicario di Saint-André, sottoscritto. Parroco: Jacques Rivaud, madrina: Simone Rivard.

S.:  Nicolas Evrard, Jacques Rivaud, Simone Rivard e Fontanel, vicario

Per sapere di più sulla famiglia Evrard, F. Chèvremont prese contatto, nel 1866, con il comune di Tournus. Il Sindaco incaricò un certo Monsieur Bompas, vecchio notaio, di rispondere. La prima lettera inviata contiene alcune informazioni utili, sacrficando in tutto alla legenda nera su Marat, in uno stile così scandaloso che fa quasi ridere. Ciò in quanto Monsieur Bompas evoca i «vili resti di Marat gettati nelle fogne» oppure, riguardo a Simonne, afferma «fu prima l’amante, poi la moglie del sanguinario Marat. La sua amante cambiò il propio nome, predendo quello di Albertine»

Di fronte a tali stravaganze, Chèvremont si schiera dalla parte della diplomazia. Egli sa che il signor Bompas ha cercato di contattare Alphonse de Lamartine sullo stesso argomento, ma che quest’ultimo non si è mai degnato di rispondere. Abilmente Chèvremont sottolinea quindi il valore delle "indagini conscenziose" che i romanzieri non fanno spesso. Pertanto, il notaio gli manda alcune informazioni, dai registri locali.

Il padre di Simonne, Nicolas Evrard, nacque a Tournus il 4 maggio 1724, si sposò due volte. Dall’unione con Catherine Baret, ha avuto una figlia: Philiberte (nata il 28 febbraio 1762) e dal secondo matrimonio con Catherine Large, tre figlie: Simonne (nata il 6 febbraio 1764), Etiennette (nata il 4 ottobre 1766) e Catherine (nata il 16 settembre 1769). Nicolas Evrard era impiegato-carpentiere di barche e abitava in una casa situata nel quartiere della Pêcherie, parrocchia Saint-André, sul quai du Nord, a Tournus. Era il proprietario di una casa. La sua seconda moglie, Catherine Large, possedeva un bosco a Charne e un’altra terra, senza molto valore, a cinque kilometri da Tournus.

Riguardo agli studi delle ragazze, la cosa più probabile è che queste esse abbiano ricevuto un’istruzione presso la scuola gratuita dell’ospizio di carità di Tournus.

Nel 1774, la mamma muore, seguita, il 18 febbraio 1776, del padre Nicolas. Philiberte ha 14 anni, Simonne 12, Etiennette 10 e la piccola Catherine 7. Non è chiaro chi fosse stato designato per la tutela, ma la tradizione vuole che le quattro orfanelle si trasferirono a Parigi dove una donna di Tournus avrebbe aperto una bottega vicino ad una lavanderia dando loro del lavoro. Più tardi, alcuni documenti segnalano che Etiennette sposò un cuoco, Antoine Bezancenot, e Catherine un tipografo, Jean-Antoine Corne.

L’incontro tra Jean-Paul Marat e Simonne Evrard - La loro unione

Marat conobbe Simonne prima del 1 gennaio 1792, data che compare nella promessa di matrimonio che egli assunse nei confronti della sua fidanzata. Questo testo si trova tra le carte messe sotto sigillo dopo il suo assassinio. Marat lo scrisse prima di una partenza per l’Inghilterra.

Le belle qualite di Mlle Simonne Evrard hanno catturato il mio cuore dal quale riceve l’omaggio, che le lascio come pegno della mia fede, durante il viaggio che sono costretto a fare a Londra, il sacro impegno di donarle la mia mano, immediatamente dopo il mio ritorno. Se tutta la mia tenerezza non le è sufficiente per garantire la mia fedeltà, che l’oblio di questo impegno mi copra d’infamia.

Parigi 1 gennaio 1792

J-P Marat l’amico del popolo.


Questo testo è stato pubblicato anche nel Journal de La Montagne, giornale che contribuirà, a diverse riprese, a trasmettere al pubblico dei documenti precisi riguardanti Marat. È in questo Journal che troveremo, il 23 luglio 1793, la testimonianza del cittadino Guirault che ricordò, non in modo romanzesco, le possibili circostanze di questa cerimonia. Un documento a cui prestare attenzione, naturalmente.

«Marat che non credeva ad una vana cerimonia sull’impegno del matrimonio, tuttavia non volendo allarmare il pudore della cittadina Evrard, la chiamò in un bel giorno alla finestra della sua camera; stringendo la sua mano in quella della sua fidanzata, inchinati entrambi davanti all’Essere supremo, “Nel vasto tempio della natura, disse lui, che prendo in testimonianza della fedeltà eterna che  giuro a te, creatore che ci ascolti.”»

A differenza di molti commentatori, lo storico Louis Reichenthal Gottschalk prese seriamente questa cerimonia e l’amore che unirà fino alla morte Jean-Paul Marat e Simonne Evrard. La conseguenza degli eventi, la lucidità di Simonne sullo spirito politico di suo marito e il ruolo eminente che lei svolgerà dopo l’assassinio confermano questo punto di vista:

«Simonne Evrard fu certamente sua moglie, eccetto di nome, negli ultimi anni della sua vita. Conobbe la famiglia Evrard che lo aveva accolto in molte circostanze pericolose. Simonne Evrard si fidanzò ufficialmente con lui nel dicembre 1791 (anche se il documento è datato il primo dell’anno del 1792) quando parti per l’Inghilterra.[…] Verso l’inizio del 1792, prese Simonne come moglie dinnanzi all’Essere supremo…. Nel vasto tempio della natura.»

Al momento del «fidanzamento», Simonne ha quasi 28 anni e Marat quasi 48. Simonne interviene nella vita di Marat nel momento dove a lui manca il sostegno in tutti punti di vista: è molto isolato, le sue posizioni sono lontane da quelle dei patrioti e la sua situazione finanziaria è piuttosto precaria.

L’isolamento di Marat. La sua strategia politica

Il re accetta la costituzione. Nel numero 554 del L’ami du Peuple del 15 settembre 1791, Marat scrisse un testo intitolato «De l’Ancien et du Nouveau régime». Nel quale afferma «Abbiamo abusato ridicolmente delle grandi parole di LIBERTA: oppure non fummo mai più schiavi», segnando così la fine di una fase della rivoluzione.

Il 22 settembre, le Journal de la Cour et de la Ville segnala che «Marat dice addio alla sua ingrata patria nel suo n° 555; denuncia la sua partenza per l’Inghilterra che si troverà incessantemente popolata da tutti i nostri incendiari giornalisti.»

Ma cosa fa veramente Marat ? Questa domanda è importante per comprendere ciò che può essere un’attitudine politica. Mentre, dice di partire, molti elementi suggeriscono che si tratti in realtà di una tattica. Ciò che nomina metaforicamente «sotterraneo», nel quale poteva combattere a favore degli amici della libertà.

Ma ora la costituzione (monumento del dispotismo) è stata accettata dal re, viene festeggiata da un popolo che fa presto a farsi ingannare dai festeggiamenti abbandonando il suo amico. La cerchia stessa di Marat va ad addormentarsi nella gioia collettiva.

Marat continua dunque da solo, L’ami du Peuple, fino nel dicembre 1791. E adotta un nuovo tono. Al popolo, assente e sottomesso, «d’umore dolce», dice Marat, lui parla come noi parliamo ai bambini, racconta delle storie: Il loro amico deve partire un momento…Ma questo sarà per trovare un modo al fine che tutto vada per il meglio… Questa nuova tonalità, già chiaramente espressa nel numero 560, non manca di astuzia, dato che i giochi sono all’ordine del giorno, e bisogna agire attentamente.

Non le parlerò [alla nazione] più delle sue giuste vendette contro i nemici della sua quiete, poiché è di umore molto dolce per lasciare sgozzare impunemente i suoi sfortunati membri, ma io continuerò ad illuminare le cospirazioni tenebrose degli scellerati accaniti alla sua perdita e a cercare i mezzi di sventarla. Propongo modi per ridurre gradualmente il nemico con cui siamo costretti a vivere nel divertimento da sonagli, dopo aver tolto loro il potere di distruggerci.

Questo cambiamento non significa che Marat rinunci pertanto alle sue posizioni. No, non offusca il fronte offensivo e veemente dell’Amico del popolo. L'accettazione della costituzione, l'istituzione di una autorità ministeriale onnipotente, che ha i suoi ingressi all' Assemblea dei Giacobini, manovra a favore della guerra, la speculazione su larga scala sulle materie prime coloniali e la spaccatura all'interno dei Cordiglieri confermano Marat nel parere, che il governo è viziato nelle sue fondamenta, che la "macchina politica" sia fermata.

Nella sua Risposta ai detrattori dell’amico del popolo, Albertine Marat descrive questo anno 1791 come un anno particolarmente difficile per il fratello. E riconoscerà a Simonne Evrard il merito di aver tenuto la sua testa fuori dall’acqua. La situazione diventa, in effetti, talmente tesa, che il giornale non è più pubblicato.

È certo che Marat ha beneficiato dell’ospitalità delle sorelle Evrard. Sappiamo anche, da un fascicolo intitolato Jacques Roux à Marat, pubblicato dopo l’assassinio che, ritenendo di abusare dell’ospitalità di questa famiglia, Marat ha passato sei giorni da Jacques Roux, il quale si servirà di questo argomento per influenzare la virtuale critica politica che ha dedicato a Marat appena dopo la sua morte. Infine sappiamo che all’inizio del marzo 1792, Marat scrive ai Cordiglieri, a Robespierre, a Chabot, per incitarli ad firmare delle sottoscrizioni in favore della stampa di questa famosa opera, di cui ogni traccia è scomparsa, L’Ecole du citoyen. Abbiamo trovato delle forti sollecitazioni in favore di un piano di sostegno dall’organo dei Cordiglieri, il 18 marzo, 5 e 7 aprile 1792. Ma è a Simonne Evrard che dobbiamo la ripresa delle pubblicazioni.

Come un impiegato senza fortuna ha potuto aiutare Marat con tanta competenza ? Per i mezzi finanziari, una pista meriterebbe il nostro interesse. Philiberte, la sorellastra di Simonne, aveva sposato un certo M. Persicot e viveva a Napoli. Lei morì senza figli, designando come eredi Simonne, Catherine ed Etiennette. Simonne avrebbe proposto alle sue due sorelle di essere la sola ereditaria di Philiberte, lasciando loro, in cambio, la sua parte nell’eredità parentale di Tournus, questo è ciò che approvano gli atti notarili datati del 1813. Al momento che questi beni sono messi in vendita. questa disposizione mette Simonne in possesso immediato di una somma con la quale può sostenere l’edizione degli affissi in agosto-settembre 1792 e finanziare in parte la ripresa del giornale alla fine di settembre.

In agosto 1792, Marat si rimette in sella, ottiene che il comitato di sorveglianza della Comune metta a sua disposizione delle presse, come risarcimento di quelle le aveva  tolto La Fayette. Ma avere delle presse non significa disporre di una tipografia. L’installazione avverà nel piano terra del chiostro dei Cordiglieri quasi di fronte al suo domicilio, 30 rue des Cordeliers.

Del suo domicilio ? In una comparazione di Simonne Evrard, dopo l’assassinio, apporta delle precisioni:

Davanti a noi comparve la cittadina Simonne Evrard, maggiore residente nell’appartamento dove noi siamo [30 Rue des Cordeliers] la quale ci ha detto e dichiarato di essere la locataria del suddetto appartamento che tiene ad affittare al cittadino de Lafondée, che tutti i mobili e effetti ivi contenuti le appartengono  ad eccezione degli specchi e delle carte che appartengono al suddetto de Lafondée e dei documenti, biancheria e vestiti all’uso del suddetto defunto Marat e altri effetti che lei offre di indicarci e di descrivere per effettuare su di essi soltanto l’apposizione dei sigilli, e ci ha configurato la  ricevuta del suo termine di affitto scaduto il primo gennaio scorso, in data del codesto giorno firmato Lafondée, dichiarante di non poter nel momento di configurarci la ricevuta dei suoi affitti al termine scorso aspettando lo stato dove si afferma la perdita del cittadino Marat e firmato.

S.Evrard

Marat dunque abita al domicilio di Simonne, ciò che lei stessa precisa nella dichiarazione del 26 luglio 1793 : allorché il cittadino Marat è venuto ad abitare con lei, lui era nella più grande afflizione, che per l’interesse della patria e per aiutarlo nella stampa e nella distribuzione del suo giornale lei ha consumato la maggior parte della sua fortuna.

La stampa sarà funzionante nel settembre 1792. I primi affissi usciranno ancora dalle tipografie di Feret o di Gelé.

Nello stesso periodo, il ministro dell’Interno, Jean-Marie Roland de la Platière, ottiene dall’Assemblea dei fondi considerabili per la stampa «patriottica». Marat non esita un istante, s’affretta a domandare una parte al ministro per il suo giornale, ma nulla ! Ciò che interessa Roland è una stampa che lo sostenga, lui e la «fazione degli Uomini di Stato», come Marat finisce per nominarli. Marat non fece ne l’uno ne l’altro, domanda allora per pamphlet, dei soldi… al duca di Orleans, e questa provocazione sarà affissa su tutti i muri di Parigi.

In verità, i veri «sussidi» verranno da Simonne. Successivamente, il giornale si autofinanzierà di nuovo, grazie all’indennità da deputato che Marat andrà presto a beneficiare, Simonne e lui metteranno in cantiere l’edizione francese Les Chaînes de l’Esclavage (Le Catene della schiavitù) e stabilirono il piano di edizione di Œuvres Politiques et Patriotiques, che appare nel Prospetto del mese di ottobre del 1792.

Capiamo così che dopo la morte di Marat, Simonne si sia trovata in prima linea per riprendere un progetto sul quale lei aveva già lavorato molto tempo prima insieme a lui.

Rue des Cordeliers, nel cuore della sezione del Teatro Francese

La vita di Marat e di Simonne Evrard conobbe, nei mesi che seguirono e fino all’assassinio, un gran numero di eventi e colpi di scena. Anche se Marat talvolta è costretto ad alloggiare altrove dal 30, rue des Cordeliers, la tipografia resta sempre nello stesso posto. Ed evidentemente, Marat ritorna il più presto possibile da sua moglie e dai suoi collaboratori. In questa sezione del Teatro Francese, è un personaggio conosciuto e i documenti indicano che non fu mai denunciato, poiché in aprile del 1793, Louis-Jérome Gohier, ministro della Giustizia, propose alla Convenzione di far monitorare tutti i venditori ambulanti del Journal de la République Française, per sapere dove si nascondesse. In oltre, anche se Marat ha sempre avuto nei loro riguardi una grande autonomia nei confronti dei sui avversari, il Club dei Cordiglieri, molto vicino, e i Giacobini, in cui sarà per un momento il presidente, lo sosterranno in alcune circostanze.

Il domicilio di Simonne, serva quindi come locale annesso alla tipografia, la casa si apriva all’esterno e sotto controllo. Così Marie-Barbe Aubain che avrà degli affanni con la giustizia nel 1794 (nello stesso periodo di Simonne e Albertine) e alla volta impiegato alla tipografia e portiere. Catherine Evrard (21 anni), la sorella più piccola di Simonne, vive con la coppia e partecipa ai lavori, come alla sorveglianza. Marat, anche se malato ha una vita sociale molto densa: promuove degli incontri a Rue des Cordeliers dove ci riceve delle delegazione. Quindi, il 12 luglio 1793, incaricato dai Giacobini, il pittore Jacques-Louis David e Nicolas Sylvestre Maure sono venuti a sapere delle novità sulla sua salute.

Le diverse testimonianze che troviamo nel processo verbale dei sigilli, si ritagliano per precisare l’ambiente di Marat e le misure di sicurezza per proteggerlo.

Il momento dell’attentato

Raggruppando le informazioni provenienti dalle testimonianze e dalle deposizione resa durante le indagini e il processo a Charlotte Corday, lo storico Guillaume Mazeau da questa descrizione molto precisa delle circostanze dell’attentato.

Verso le 19.30 oltre Corday e Marat, cinque persone sono presenti nell’appartamento. Marat appena fa entrare la Corday nel suo bagno, Marie Barbe Aubain, la portiera dell’immobile, torna nella stanza dove Catherine Evrard che gli ha fatto leggere un giornale moderato, e ritorna al suo lavoro: deve piegare le ultime copie del Publiciste de la Révolution Française, appena uscite dalle presse urbane. E aiutata dal commissionario Laurent Bas, che si dispone a portarli poi ai ministero della Guerra. Catherine Evrard esce dal gabinetto dopo aver dato da bere a Marat. Entra nella cucina, dove Jeannette Maréchal afferra un cucchiaio per schiacciare l’argilla mescolata all’acqua di Mandorla. Questa miscela deve alleviare i dolori alla pelle di cui Marat soffre. Quando a Simonne Evrard, si dirige verso la stanza del bagno, in cui la porta era stata lasciata aperta, è in questo momento preciso che risuona il grido di Marat.

Il 29 luglio 1793, Simonne Evrard stessa fece una deposizione sulla giornata del 13 luglio, davanti al tribunale rivoluzionario, in presenza di Charlotte Corday. Troviamo la traccia di una testimoniaza, confermata dalla sorella Catherine, nel n°210 del Moniteur di questo 29 luglio 1793:

La cittadina Evrard (Simonne) afferma che l’accusata si è presentata la mattina del 13 luglio dal cittadino Marat, dove la depositante, dimorante; che le ha scritto una lettera che l’ha fatta ricevere sabato alle 8 di sera, e che un grido, partito dal gabinetto dove si trovava il bagno di Marat la fece accorrere; ha trovato l’accusata in piedi contro la tenda dell’anticamera, la prese per la testa e chiamò i vicini, e che i vicini vennero e lei accorse da Marat che la guardò senza dir niente; lo aiuto ad uscire dal bagno e lui spirò senza dire una parola.

Dopo la morte di Marat

Dopo l’assassinio, Simonne si trovò al centro di una bufera che andrà ad affrontare tutta da sola [20], dove si mescolò la cerimonia del funerale, le commemorazioni in tutta la Francia, le successive sigillazioni e nello stesso tempo, i tentativi più insolenti di stravolgere le prestazioni di Marat, rubare la sua notorietà e quella del suo giornale. Il sabato 13 luglio, Claude-Louis Thuillier, giudice di pace della sezione del Théâtre-Français e Antoine-Marie Berthout, segretario impiegato ad andare in Rue des Cordeliers al fine di apporre i sigilli sui mobili e gli effetti appartenuti a Marat, al fine di conservare i diritti dei «chiamati alla successione del cittadino Marat, e alla conservazione dei diritti di tutte le altre che gli appartengono.»

Comincia allora la prima chiusura di due armadi, di una biblioteca, di una scrivania, di un comò, di una toilette, di due mensole in mogano, due sfere, di una scatola nella quale c’è una macchina elettrica e un letto in ferro. Simonne Evrard fa le dispense d’uso che riguardano i mobili che le appartengono e che sono state sigillate in ragione delle carte che potevano contenere. I sigilli sono «lasciati nella cura e custodia della suddetta Simonne Evrard, che si è del tutto incaricata e resa guardiana per rappresentare quando sarà richiesto come custode legale.»

Albertine (33 anni) e Jean-Pierre (25 anni) Marat arrivano in fine a Parigi dopo la seconda rimozione dei sigilli. Ma prima di ogni altra cosa, in una lettera datata il 22 agosto 1793 e pubblicata il 26 nel Journal de La Montagne, ribadiscono che considerano Simonne come moglie di Marat e loro «sorella».

Simonne Evrard è sopratutto conosciuta dai suoi contemporanei dall’apparizione che fece l’8 agosto 1793, alla tribuna della Convenzione Nazionale, dove fu introdotta da Robespierre in persona. L’abilità che lei mira alla Convenzione dimostra che è al corrente dell’insieme del contesto politico passato e presente e che conosce il suo ruolo, e presto anche quello della sorella di Marat, Albertine, saranno dei ruoli delicati. Bisogna notare che in questo momento, il titolo di vedova non le è contestato da nessuno, allorché difronte alla stessa assemblea, i nemici di Marat sono numerosi : Carra, Ducos, Dulaure, Jacques Roux, Leclerc…

Non sono venuta a domandarvi i favori della cupidigia che brama e reclama l’indigenza. La vedova di Marat ha bisogno solo di una tomba. Prima di arrivare a questo termine felice dei tormenti della mia vita, io vi vengo a domandare giustizia dei nuovi attentati commessi contro la memoria del più intrepido e del più oltraggiato dei difensori del popolo. Questi mostri, coperti d’oro hanno prodigato ! quanti libellisti ipocriti sono stati stipendiati per coprire il suo nome di obbrobrio. Con quell’orribile accanimento si sono sforzati di dargli un esistenza politica colossale e una celebrità odiosa, per il solo scopo di disonorare la causa del popolo, che lui ha fedelmente difeso; oggi tutto coperto dal suo sangue, lo hanno perseguitato fino alla tomba ; qualche giorno, osano ancora assassinare la sua memoria, si stanno sforzando di dipingere sotto i tratti di un’interessante eroina il mostro che immerse nel suo seno il ferro parricida. Vediamo in questa cerchia i più vili di tutti i follicolari, i Carra, i Ducos, i Dulaure, il vantare senza pudore nei loro periodici, per incoraggiare i loro simili a sgozzare il resto dei difensori della libertà. Non parlo del vile Petion che, a Caen, nell’assemblea dei suoi complici, ha osato dire in questa occasione che l’assassinio è stata una virtù.

Presto la scellerata perfidia dei cospiratori, fingendo di rendere omaggio alle sue virtù civiche, moltiplicano stampe a grandi costi d’infamia, dove l’orribile assassino è presentato sotto a delle favorevoli fattezze, e il martire della patria deturpato dalle più orribili convulsioni.

Ma ecco la più perfida delle loro manovre: hanno corrotto degli scrittori scellerati che usurpano impunemente il suo nome e deturpando i suoi principi, per eternizzare l’impero della calunnia in cui fu vittima ! Codardi ! Prima lusingano il dolore del popolo per la sua lode, parlano il linguaggio del patriottismo e della morale, al fine che il popolo creda ancora di ascoltare Marat; ma non è altro che per diffamare i più zelanti difensori che lo hanno conservato;  è per  predicare, in nome di Marat, le massime esagerazioni che i suoi nemici gli hanno attribuito, e che tutta la sua condotta disconosciuta

Io vi denuncio in particolare due uomini, Jacques Roux e Leclerc, che pretendono di continuare i suoi fogli patriottici e far parlare la sua ombra per oltraggiare la sua memoria e far sbagliare il popolo; dopo aver debitato i luoghi comuni rivoluzionari, hanno detto al popolo che deve prescrivere tutta la specie di governo; è li che ordinano in suo nome di insanguinare la giornata del 10 agosto, perché il suo animo sensibile, straziato dallo spettacolo dei crimini della tirannia et dei malesseri dell’umanità, sono usciti qualche volta dei giusti anatemi contro il sangue pubblico e contro gli oppressori del popolo; cercano di perpetuare dopo la sua morte la calunnia parricida che lo perseguitò e lo presentato come un apostolo insensato del disordine e dell’anarchia. E chi sono questi uomini che pretendono di rimpiazzarlo ? è un prete che l’indomani stesso, dove i deputati fedeli trionfano e i loro codardi nemici, vengono ad insultare la Convenzione nazionale da una perfida e sediziosa abilità. C’è un altro uomo non meno perverso, associato ai furori mercenari di questo impostore. Ciò che è ben notevole, è che questi due uomini sono gli stessi che sono stati denunciati da lui, pochi giorni prima della sua morte, al club dei Cordiglieri, come persone stipendiate dai nostri nemici per disturbare la quiete pubblica e che, nella stessa sezione, sono stati formalmente espulsi dal grembo di questa società popolare.

Qual’è lo scopo della perfida fazione che continua queste trame criminali ? è quello di avvilire il popolo che rende omaggio alla memoria di cui che morì per la sua causa, per diffamare tutti gli amici della patria, che ha designato nei nomi di Maratisti; per deludere il popolo forse tutti i Francesi di tutta la repubblica che si riuniscono per la riunione del 10 agosto, e presentano i loro perfidi scritti in cui parlano della dottrina del rappresentante del popolo che hanno sgozzato; è forse di turbare questi giorni solenni da qualche catastrofe funesta. Dio ! Cosa sarà dunque del destino del popolo ? se tali uomini possono usurpare la sua fiducia! qual’è la deplorevole condizione dei suoi  intrepidi difensori se la morte stessa non li può sottrarre alla rabbia dei loro assassini ! Legislatori, fino a quando soffrireste quando il crimine insulta la virtù ? da dove viene questo strano privilegio agli emissari dell’Inghilterra e dell’Austria di imprigionare l’opinione pubblica, offrire ai difensori delle nostre leggi dei pugnali, e di conoscere i fondamenti della nostra repubblica nascente ? se voi li lasciate impuniti, io li denuncio qui al popolo francese, all’universo. La memoria dei martiri della libertà e il patrimonio del popolo; quello di Marat è il solo bene che mi resta, io consacro alla sua difesa gli ultimi giorni di una vita languida. Legislatori, vendicate la patria, l’onestà, la sfortuna e la virtù, colpendo i più codardi di tutti i nemici.

Dalle cerimonie che ebbero luogo dopo la morte di Marat, troveremo dalla bocca di diversi oratori queste riconoscenze della carica di Simonne: «la sua compagnia inseparabile», dirà Alexandre Rousselin, «la sua cara compagna» dirà il fratello di Lepeletier, la sua «sposa degna e cara», dirà il cittadino Hiver.

E nella sua risposta ai detrattori dell’Amico del popolo, Albertine Marat parla di lei con stima e affezione:

No trovando sollievo con le persone meno fortunate, è caduto nei suoi dolori, popolo, il tuo buon genio decise altro: permise che una donna divina, la cui anima assomiglia alla sua, consacrando la sua fortuna e il suo riposo, per conservare il tuo amico. Donna eroica, riceve l’omaggio che le tue virtù meritano: si noi te lo dobbiamo. Infiammata dal fuoco divino della libertà, hai voluto conservante il più ardente difensore. Hai condiviso la sua sorte e le sue tribolazioni: niente può fermare il tuo zelo; tu sacrificasti all’Amico del popolo il timore della tua famiglia e i pregiudizi del tuo secolo. Forzata qui a contenermi, io aspetterò l’istante dove le tue virtù appaiono in tutto il loro splendore.

Dal testo stesso dell’intervento di Simonne davanti alla Convenzione, notiamo ancora che lei evoca con precisione ciò che Marat sentiva delle sue esigenze un’attitudine politica, dalla quale ricorre nei suoi occhi  una formazione seria e permanente.

Il seguito degli eventi che riguardano Albertine Marat e Simonne Evrard, le ritroviamo unite nella difesa del loro fratello e sposo e nel progetto di pubblicare in fine le sue Œuvres Politiques et Patriotiques.